“Nell’inconscio”: il trionfo della Chiesa in un racconto fantastico di Evelyn Waugh | Radio Spada

2022-07-23 12:09:26 By : Mr. Tom zeng

Prima di iniziare, per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Evelyn Waugh e quella di molti altri scrittori del cattolicesimo britannico, si segnala il saggio “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo”. Link all’acquisto.

Pubblicato nel dicembre del 1933 sulle pagine dell’ «Harper Bazaar», Nell’inconscio (Out of Depth) è uno dei racconti più strani e affascinanti mai scritti da Evelyn Waugh.

La vicenda ha per protagonista un americano di quarantatré anni, Rip Van Winkle, un cattolico apostata che si trova in soggiorno a Londra. Durante una cena a casa di Lady Metroland l’uomo incontra un misterioso mago, tale dottor Kakophilus (Mr Jagger nella prima versione), un tipo antipatico, «grasso e pelato, con un gran faccione bianco». Ciononostante, terminata la serata, complice il troppo alcol bevuto, Rip e il compare Alastair Trumptington si ritrovano a casa di Kakophilus mentre questi, vestito con un ridicolo abito cerimoniale, è intento a celebrare un misterioso rito con lo scopo di far viaggiare i suoi ospiti indietro nel tempo «per riacquistare l’accumulata saggezza che l’età della ragione ha disperso». Rip, tra il serio e il faceto, ammette che da americano preferirebbe fare piuttosto «un balzo in avanti […] di cinque secoli», e dopo essere risalito in macchina con l’amico e aver perso conoscenza, si risveglia in una terra disseminata di rovine e abitata da uomini in abiti logori che occupano alcune capanne di fango e sterpi presso la riva di un fiume. Non ci vuole molto prima che Rip capisca di trovarsi nel XXV secolo, tra le vie di quella che fu Londra, ora ridotta a «mostruose costruzioni di calcestruzzo e di cemento armato cosparse di vegetazione».

Per qualche tempo Rip vive in pace tra i londinesi del futuro fino a quando, un giorno, arriva un battello a propulsione meccanica il cui equipaggio è composto da soli neri, il nuovo popolo dominante. Seguono traffici commerciali – in cambio di ciò che trovano scavando tra le rovine, i londinesi ricevono tessuti, utensili e armi – e infine anche Rip è fatto salire sull’imbarcazione. La sua presenza suscita immediatamente l’entusiasmo degli scienziati di bordo che gli misurano il cranio con un compasso e tentano di interagire con lui leggendogli qualche pagina di Shakespeare.

A ridare speranza a un Rip che si crede impazzito interviene improvvisamente la visione della parola “Missione” scritta su un cartello e di un nero vestito da domenicano: «Capì che dall’ignoto era uscito qualcosa di familiare, una forma dal caos, qualcosa si stava svolgendo. Qualcosa si stava svolgendo che Rip conosceva benissimo, qualcosa che in venticinque secoli non era mutata per nulla, qualcosa della sua infanzia che era sopravvissuta alla fine del mondo. In una chiesa di legno nella città costiera era seduto tra i fedeli del posto; alcuni in uniformi rivoltate; le donne in abiti privi di forma cuciti in convento; tutto intorno a lui uomini bianchi scarmigliati fissavano davanti a sé, con occhi vuoti d’intelligenza, il fondo della chiesa dove ardevano due candele. Il prete si girò mostrando loro la sua mite faccia nera. “Ite, missa est”.

Nell’epilogo si scopre che Rip e Alastair sono stati ricoverati in ospedale dopo un brutto incidente con l’auto. Appena Alastair ha ripreso conoscenza ha fatto subito chiamare un prete per sé e per l’amico. Ecco perché quando anche Rip apre finalmente gli occhi, scopre un sacerdote accanto al letto: «Strano che Sir Alastair abbia chiesto di me. Non è cattolico, ma sembra che abbia fatto non so che sogno, mentre era svenuto, che l’ha indotto a desiderare la presenza di un prete. […] Qualcosa del medioevo». Il racconto termina quindi con il ritorno alla Fede di Rip: «Padre, vorrei farle una confessione… Mi sono dedicato a pratiche di magia nera…».

Per quanto Nell’inconscio sia perfettamente in linea con lo stile satirico di Waugh, fatto soprattutto di risate amare, di grottesco a profusione, di giochi di parole e di allusioni – Rip Van Winkle, ad esempio, porta lo stesso nome dell’eroe di Washington Irving –, è forse il primo lavoro narrativo in cui lo scrittore inglese si dà apertamente all’apologetica, dodici anni prima di Ritorno a Brideshead. Di conseguenza la presa in giro dei ciarlatani da salotto e la messa in ridicolo della tanto sbandierata superiorità dell’uomo bianco sono temi destinati inevitabilmente a passare in secondo piano.

La trama mostra più di un punto di contatto con Park (1932), del canonico John Gray, una novella a metà tra utopia e distopia che narra di un sacerdote, Mungo Park, che viene improvvisamente proiettato in un futuro in cui la società è governata dalla Chiesa cattolica, il latino è la lingua ufficiale e la classe dominante è composta unicamente da neri (i bianchi vivono invece sottoterra e hanno l’aspetto di topi). C’è da credere che nella stesura del suo racconto Waugh sia stato ispirato pure dall’incontro con la società etiope – una singolare monarchia cristiana in terra d’Africa – avvenuto in occasione dell’incoronazione dell’imperatore Hailé Selassié nel 1930.

Nell’inconscio, al netto della brevità e di tutte le eventuali imperfezioni, ha dunque dalla sua la forza di un messaggio chiaro da consegnare al lettore, un messaggio che rimane efficace nonostante l’utilizzo di un espediente poco incisivo come quello del sogno. Secondo Martin Stannard, autore di una delle più importanti biografie di Waugh, «in un certo senso si tratta di una storia natalizia che riafferma la continuità e la validità dell’insegnamento cattolico. Il ritorno di Rip alla Chiesa dal sonno apatico dell’agnosticismo segnala un riconoscimento inconscio del legame tra la civiltà e la Fede».

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